“Nessuno di noi avrebbe voluto viverlo”

"Nessuno di noi avrebbe voluto viverlo" scritto da un ceraiolo

Da queste pagine del sito tutti i 15 maggio ho inviato un augurio a tutti i Santantoniari quest’anno ho preferito farlo con una riflessione di un ceraiolo che mi ha inviato, leggetela tutta di un fiato, perchè  rappresenta “ La Santantoniarità” legata a questo triste e amaro 15 maggio.

Nessuno di noi lo avrebbe immaginato. Nessuno di noi avrebbe voluto viverlo. Nessuno di noi ancora oggi ci crede.Qualche giorno fa mi è stato chiesto cosa penso di poter imparare da questo 15 Maggio e non ho saputo rispondere. Me ne sono lavato le mani dicendo “niente” sapendo che stavo mentendo a me stesso e che dietro a questo “niente” c’è in realtà solo la paura dell’essere umano.Qualcosa credo di poter imparare, anzi, sento l’obbligo di dovere e volere imparare qualcosa. Ho imparato che i Santantoniari, non me ne vogliano gli altri ma io parlo dei “miei”, si vogliono bene, si cercano, si rispettano, si organizzano, si sentono Famiglia, anche senza vedersi.Un messaggio, un video, una foto, un pensiero, una telefonata a chi non senti magari da diverso tempo, una battuta, una bicchiere di vino in una chat virtuale, un disegno, qualsiasi cosa insomma: i Santantoniari ci sono e la nostra essenza profuma lo stesso questo Maggio. Non è cosa da poco. Ti fa riscoprire che dietro un pungo sbattuto su un tavolo, dietro una parola uscita malamente in una riunione, dietro uno sproloquio per una diversità di vedute, dietro un’occhiataccia perché “su quel posto ce vojo gì io”, c’è molto di più. Non che non lo avessi saputo, ci mancherebbe altro, ma mi sono goduto la riscoperta della “Santantoniarità”. Ho imparato che il Cero pesa molto di più quando non c’è perché il peso che lascia quel vuoto è enorme e ti fa capire quanto importante siano i ceraioli e le loro spalle.Nel 15 Maggio 2020, da soli, il peso del Cero non lo potremmo mai reggere. E invece ho imparato che quest’anno la stanga sarà diversa e accoglierà tutti perché ognuno di noi a modo nostro aiuterà il prossimo prendendo un po’ del peso che oggi siamo costretti a portare per via di qualcosa più grande di noi. Quest’anno la stanga sarà lunghissima e ci sarà spazio per tutti. Sarà un Cero in qualche modo più altruista, un Cero che sotto di sé accoglierà la spalla del forte ceraiolo, come quella della donna o del bambino. Un Cero che farà dare una spallata a chi non lo prende più così come a chi non può tornare a Gubbio. Un Cero dove tutti saremo ceraioli, capodieci, bareloni, capocinque e bracceri. Sotto la stanga quest’anno ci sarà posto per tutti, senza litigare, senza spingersi, ognuno esattamente come vuole e ognuno nel suo piccolo riuscirà ad alleggerire il peso che dovrà portare chi gli sta intorno. Anche chi non c’è più tornerà in questo 15 Maggio a dare una spallata al suo Cero. Ci saremo veramente tutti per una volta senza un ruolo, o meglio, tutti ceraioli. Ho imparato che per una volta il Cero sarà ovunque, in un percorso che non si limita alle vie cittadine, alla mostra, agli omaggi. Sarà veramente dentro di noi. Ho imparato che il rumore, la festa, la corsa, sono un condensato di emozioni concentrate dentro di noi. Sentiremo la tromba o i tamburi senza che ci siano, e ci lasceremo penetrare più forte dal suono del nostro campanone che invece sarà forte come non mai. Cercheremo dentro di noi il rumore della brocca che si rompe o le grida in Piazza Grande, così come resteremo in silenzio immaginando un rispettoso omaggio a chi non c’è più. Ci rallegreremo perché Primavera baciata dal sole la suonerà una banda che solo noi potremo sentire e ci agiteremo perché alle “sei” le urla della folla, gli zoccoli del cavallo preceduti dal ritmo impressionante di “O lume della fede” ci saranno lo stesso. Per una volta, tutti e tutti dentro ciascuno di noi. Ho imparato che l’attesa è struggente, per tutti, indistintamente dall’essere portatori del Cero, esserlo stati, o avere da sempre avuto un ruolo diverso in questo giorno. Chi li sogna, chi riprende un vecchio album, chi guarda un filmino, chi è arrabbiato, chi non si dà pace, chi si rassegna, chi cerca il profumo della taverna solo passandoci davanti, chi ha voglia di piangere, chi spera che il futuro arrivi presto, chi prega Sant’Ubaldo, chi vede il tempo che non scorre, chi aspetta che da un vicolo esca un ceretto a tutta velocità, chi guarda la divisa ricordandone la storia. L’attesa è struggente per tutti. Ho imparato che un mazzolino di fiori rappresenta molto di più di quello che sembra. E’ la semplicità di un gesto, di un colore, di un profumo, di un periodo, di uno stato d’animo. E ho imparato che torneremo ad apprezzare la semplicità e la schiettezza del nostro 15 Maggio. Che lo stesso sarà sempre organizzato, ambizioso, pretenzioso, pieno di protagonismo e di eccessi, ma comunque resterà semplice nella sua complessità così come un mazzolino di fiori fatto da tanti petali, diversi ma che ne enfatizzano la bellezza e l’essenza. Ho imparato che fa malissimo pensare a quello che non c’è. Ho imparato che il dolore per quello che perderemo non lo potremo cancellare ma lo potremo, dovremo e vorremo alleviare con il pensiero al futuro, a quello che sarà. Di nuovo pronti, ognuno al proprio posto, a ricordare che in quel 2020 una maledetta situazione più grande di noi spostò i Ceri e tutta la loro prorompente forza e dinamicità dalla strada e li mise nel nostro cuore per farci capire, se mai le nostre sciocche manie ci avessero portato a volte lontani da un concetto così profondo, che i Ceri, il Cero, il nostro Cero, non è solo una grossa macchina di legno ma è molto molto molto di più. E verrà presto il tempo, perché un anno è tanto e troppo per noi che siamo qua, ma è nulla per ciò che la nostra Festa rappresenta. Verrà presto il tempo in cui le mantelline dei Santi torneranno a fendere l’aria con la frenesia di raggiungere la Nostra basilica, verrà presto il tempo in cui i colori, gli odori, le lacrime, i rumori, i sapori del nostro 15 Maggio si fonderanno di nuovo nell’animo della gente in mezzo alla strada, nella forza degli abbracci e delle strette dei ceraioli, nell’apoteosi della corsa vorticosa e ancora e per sempre nei cuori di chi dentro queste possenti macchine di legno, dentro il nostro Sant’Antonio, vi ha impresso la propria vita.

                                                                                           Un Ceraiolo di S.Antonio