La Sede

Tratto da: Per San Francesco di Paola di Ettore A.Sannipoli, che è apparso nell' "Eugubino", a. LXII (2011) n.2 pp 24-25...

Tratto da: Per San Francesco di Paola di Ettore A.Sannipoli, che è apparso nell’ “Eugubino”, a. LXII (2011) n.2 pp 24-25

San Francesco di Paola (Paola, 27 marzo 1416 – Tours, 2 aprile 1507), eremita, è il fondatore dell’Ordine dei Minimi e il patrono principale della Calabria. A Gubbio il culto del Santo è stato diffuso in diverse chiese e, particolarmente, nella cappella di Palazzo Fonti, quasi totalmente restaurata dai Santantoniari, e sede della Famiglia ceraiola. Come si apprende da alcune fonti archivistiche e bibliografiche, la piccola chiesa di palazzo Fonti, intitolata a San Francesco di Paola, fu edificata per disposizione testamentaria di Tiberio Biscaccianti della Fonte con rogito del notaio romano Giovan Matteo Massari in data 1° gennaio 1659. Dopo la morte di Tiberio, avvenuta in quello stesso anno, la fabbrica fu portata avanti da suo fratello Orazio, vissuto fino al 1664.
Sull’unico altare della chiesa, entro un pregevole ornato ligneo, è posta una pala a olio su tela raffigurante il santo calabrese inginocchiato di fronte alla Vergine con il Bambino. Nel cartiglio che San Francesco porge al piccolo Gesù si legge la scritta: «D.O.M./ AC / Virgini Deiparae / pro / Tiberio et Horatio / fratrib. / De Biscaccia. Fonte».

Sia la pala che l’ovato raffigurante Cristo coronato di spine, posto sulla cimasa dell’altare, derivano da modelli iconografici riconducibili al celebre pittore bolognese Guido Reni (1575-1642). In particolare l’impianto del dipinto con San Francesco di Paola rimanda alla tela con San Filippo Neri che venera la Madonna eseguita da Reni tra il 1614 e il 1615 per la chiesa romana di Santa Maria in Vallicella. Queste dipendenze iconografiche e stilistiche hanno indotto alcuni studiosi a riferire ipoteticamente l’opera al pittore folignate Giovan Battista Michelini (1604-1679), principale interprete della tendenza reniana in Gubbio. Ma già l’erudito ottocentesco Luigi Bonfatti, in un suo manoscritto, aveva attribuito il dipinto al fantomatico pittore eugubino Guidubaldo Biscaccianti, «che si vuole studiasse in Venezia», la cui figura non ha trovato finora alcun riscontro documentario, tanto da far credere che il suo nome si riferisca piuttosto a qualche committente o personaggio comunque estraneo all’arte della pittura.
In occasione del recente restauro della pala, si è rinvenuta sul retro della tela l’iscrizione «Simon Vaubert f. 1659». La firma è quella di un oscuro pittore di origine francese operante a Roma poco dopo la metà del Seicento. Vaubert è infatti documentato nell’Urbe tra il 1650 e il 1658, a stretto contatto con Pietro Della Valle (1586-1652), scrittore versato nelle più disparate discipline e noto soprattutto per un viaggio in Oriente (1614-1626) che egli narrò in 54 lettere indirizzate all’amico Mario Schipano. Per Della Valle Vaubert dipinse quadri su tela e strumenti musicali, ma sappiamo che era anche specializzato nell’esecuzione di «quadri di seta», allora assai in voga. Nel suo testamento del 1656 il pittore è ricordato come «Simon Wober quondam Nicolai de Calvo Montano Ling[uadoch]ensis diocesis». «Calvo Montano» sembra la traduzione in latino del francese «Mont Pelé» (monte pelato) che, secondo un’etimologia fantastica ancor oggi documentata, dovrebbe riferirsi proprio a Montpellier, il principale centro della regione di Linguadoca-Rossiglione.

Nulla sappiamo circa l’autore e l’esatta data di esecuzione dei quattro affreschi che ornano la volta della navata e del presbiterio della chiesetta, entro belle cornici mistilinee in stucco. I dipinti murali sono pervenuti con ampie lacune, le quali impediscono almeno in un caso di risalire al soggetto raffigurato. Si tratta di quattro episodi della vita – terrena e celeste – di San Francesco di Paola, con riferimento particolare a miracoli operati dal grande taumaturgo. Al centro della volta è rappresentato  l’attraversamento dello Stretto di Messina sopra il mantello steso sull’acqua, uno dei prodigi più noti dell’eremita paolano. Subito dopo, verso l’altare, si trova la scena raffigurante il miracolo della fornace (ovvero San Francesco che entra nella calcara accesa del convento di Paola, per ripararla). Sulla volta del presbiterio, invece, rimane – sebbene incompleta – la gloria del Santo. Assieme ai due bassorilievi in stucco modellati nel sottarco della prima cappella a cornu evangelii della chiesa di Santa Maria della Piaggiola, sono questi gli unici episodi della vita di San Francesco di Paola che si conservano in Gubbio.
Sulla parete di fondo della chiesetta, sotto il balcone palatino, è alloggiato il deposito in stucco di Tiberio e Orazio Biscaccianti, di autore ignoto e databile probabilmente a dopo il 1664. Questo monumento sepolcrale, che resta ancora da restaurare, presenta nei due ovati laterali i busti a tutto tondo dei due fratelli committenti della chiesa, ritratti con crudo realismo. Ambedue risultano personaggi in vista della Gubbio di quei tempi, tanto che vengono addirittura ricordati, tra gli «uomini celebri in varie scienze» della città, da Bonaventura Tondi nel suo libro intitolato L’esemplare della gloria (Venezia 1689):«Tiberio Biscaccianti della Fonte fù uno de’ più qualificati soggetti del suo secolo, e con le sue rare virtù accrebbe pregi alla prosapia, & alla Patria»; «Orazio Biscaccianti della Fonte ebbe virtù, pietà, e prudenza al pari d’ogni altro nostro più raguardevol Patrizio; fece ogni sua operazione con fior di senno, e con maturità di giudizio, e fù sì come esemplarissimo ne’ costumi, così risplendentissimo in tutte l’altre doti dell’animo».

Il Presidente
Alfredo Minelli

Bibliografia essenziale

B. Tondi, L’esemplare della gloria o vero i fasti sacri, politici e militari dell’antichissima città di Gubbio, Venezia 1689, p. 149; G. Rizzi, La Chiesa di Palazzo Fonti, in «L’Eugubino», a. XLI (1990), nn. 7-9, p. 17; P. Addante, I Fioretti di San Francesco di Paola, Reggio Calabria 2007; P. Barbieri, Pietro Della Valle: the Esthèr Oratorio (1639) and other experiments in the “stylus metabolicus”. With new documents on triharmonic instruments, in «Recercare», XIX, 2007, 1-2, pp. 73-124, speciatim p. 83, nota 28; G. Salciarini, Casamorcia. Frammenti di una storia, Gubbio 2007, speciatim pp. 53-54.